Ancora nessun commento

Una lettera dal carcere

1379266657361.jpg--carcere_csQuesta lettera ci è arrivata qualche giorno dopo che i nostri ragazzi sono entrati a portare i canti e le loro testimonianze ai detenuti di media ed alta sicurezza, il 30 dicembre e il 2 gennaio scorsi.

 

Carissima Susanna, innanzitutto grazie per averci regalato un momento di gioia e di speranza unitamente ai tuoi cari e agli stupendi ragazzi, angeli di Dio che con la loro dolcezza, il loro amore e le loro storie, ci hanno donato un insegnamento che personalmente ho vissuto con immensa emozione. Tante volte di persona non riusciamo ad esternare ciò che vorremmo dire in determinate circostanze, ma Dio ci ha donato anche la possibilità della comunicazione epistolare. Forse non esprimerà lo stesso calore del confronto diretto dell’ascolto dell’emozione della parola, ma comunque è un modo per essere in comunione con chi – come tutti voi – siete venuti a portarci il calore e l’amore di Dio.

Le storie di Sharon e di Emanuel sono, come hai detto tu, dei miracoli, che hanno suscitato nel mio cuore ricordi e forti emozioni. Quando ascoltavo le storie e l’emozione tradiva la tua voce, sarei voluto scoppiare in un pianto liberatore, avrei voluto gridare a quei ragazzi la mia vicinanza e raccontargli la mia storia, ma le circostanze l’hanno vietato, anche per un momento di timidezza. Vorrei dire a Sharon ed Emanuel, ma anche ad altri ragazzi, che non devono arrendersi mai; il loro è un esempio di fede, di amore e di forza per uscire dal dolore ed affrontare la vita, nonostante il peso della disperazione, senza gettarsi via e senza intraprendere strade diverse da quella che hanno preso, amando e non odiando, donando e non eliminando dai loro volti il sorriso.

Come dicevo, il loro esempio dona speranza a chi, come me, dalla sua storia ha tratto l’esatto contrario, e cioè solo male.

Avevo circa 15 anni quando in modo violento persi mio padre, in un giorno di festa. Era il 27 dicembre; quel giorno maledetto, con mio padre e mia madre, insieme alle mie 5 sorelle e mio fratello, venivamo da una giornata trascorsa in allegria con amici di mio padre. Io ero il più grande dei maschi e secondo figlio, e l’ultima mia sorella di 4 mesi era in braccio a mia madre, nel momento in cui un ubriaco alla guida della sua auto investì ed uccise mio padre. Oggi mia sorella purtroppo conosce nostro padre solo attraverso le foto.

Come dicevo, quell’individuo veniva ubriaco da un matrimonio e in un attimo stroncò tutti i miei sogni di ragazzo sognatore e innamorato del suo papà. In un attimo spezzò le ali della mia adolescenza, lasciandomi in un dolore che ancora oggi mi porto dietro, sebbene siano trascorsi tanti anni. Purtroppo, mi ritrovai poco più che quindicenne a soccorrere mio padre che era riverso a terra in un mare di sangue; aveva la testa spaccata e per sorreggerla gli misi il mio giubbino sotto al capo, sporcandomi le mani del suo sangue e delle sue cervella. Ricordo che rimasi con le mani sporche per due giorni, perché non volevo togliere dalle mani il ricordo del mio papà. Quell’individuo scappò, lasciando la sua auto lì accanto al corpo agonizzante del mio papà. Si consegnò alle autorità solo dopo 24 ore insieme al suo legale e, senza mai varcare le porte di un carcere, prese 17 mesi di pena sospesa.

Mio padre era impiegato all’università di Napoli, non era un delinquente, non è stato ucciso da una pistola di camorra, ma da un’auto guidata da un ubriaco. Da quel giorno la mia vita cambiò; di nascosto mi rinchiudevo in una buca a piangere e ad inveire contro Dio, chiedendogli perché mi avesse fatto questo, perché aveva portato via il papà a 7 figli e il marito a mia madre. Piangevo e mi disperavo, come immagino piangano Sharon ed Emanuel per il loro dolore, con la differenza che loro hanno incontrato subito Dio, e questa mattina mi hanno insegnato davvero tanto, dandomi ancora una volta quella gioia di sapere che Dio c’è, che Gesù ancora una volta ha inviato i suoi messaggeri nelle vesti di Sharon e di Emanuel e ovviamente nelle vesti di tutti i ragazzi e ragazze presenti, e poi in te, mamma, papà e tutti i presenti che il nostro Signore ha inviato come messaggeri della Sua Parola e del Suo amore. Purtroppo, come dicevo, la mia reazione al dolore è stata l’esatto contrario di quella di Emanuel e Sharon; abbracciai subito il male, mi rivoltai contro tutto e tutti e fino all’età di 17 anni facevo la pipì a letto. Cominciai ad entrare in carcere e da minorenne iniziai il mio percorso al fianco di Satana, vivendo per un ventennio nell’inferno delle carceri, lasciando la mia infanzia, la mia adolescenza lì dove mio padre mi bagnò le mani con il suo sangue, lì in quel posto dove mio padre tra le mie braccia per l’ultima volta mi donò il suo calore.

Oggi sono cresciuto, quel fanciullo, quel ragazzo è diventato un uomo avvolto nei suoi ricordi, nell’immaginario universo fatto di speranze per un futuro nuovo, all’insegna dell’amore, della pace e della fede. Sì, perché oggi la fede mi ha fatto scoprire un nuovo uomo; oggi non inveisco più contro Dio, che ritenevo causa dei miei mali. Oggi amo Colui che ha riscattato la mia vita con il sangue di Gesù Cristo Suo Figlio e nostro Padre.

Qui in carcere ho avuto esperienze meravigliose che soltanto Dio poteva donarmi; oggi mi rendo conto che a Dio nulla è impossibile. Ho incontrato Dio in persone che mi hanno e mi stanno aiutando ad avere uno spiraglio di luce ora che uscirò da queste mura; ho incontrato chi mi ha accolto e dato ospitalità, amore e fratellanza, facendomi scoprire la Parola di Dio.

Grazie a questi angeli messaggeri e grazie a voi, ai ragazzi e ragazze, a Sharon ed Emanuel e grazie al direttore che ha aperto le porte del carcere per far entrare questi angeli meravigliosi!

Vi auguro tutto il bene di questo mondo, e ai giovani che stamani in vesti di angeli si sono presentati davanti a chi soffre e vive nel dolore, ma anche a tutti i giovani che non erano lì presenti e a chi come Sharon ed Emanuel hanno vissuto e vivono situazioni di dolore, io dico di non mollare, di non cedere alle tentazioni, al maligno che ogni giorno, in ogni momento, si annida nel nostro cammino e tenta di indurci ad allontanarci dal bene e della gioia di vivere la nostra vita come noi desideriamo, e cerca di farci vivere illudendoci che il male sia l’unica scelta per combattere il male.

A questi giovani dico di combattere e di non intraprendere mai il cammino che un tempo scelsi di percorrere, ritenendo Dio il responsabile del mio male. Dio ci ha fatti liberi, liberi pure di sbagliare, ma ci indica la via della giustizia, della pace e della libertà interiore, la via di Cristo, la Via, la Verità e la Vita. Un tempo ero io a dover uscire dalle tenebre e avere necessità di una mano che mi facesse uscire dalle mie sofferenze e dal buio che mi teneva imprigionato; ma oggi, pur vivendo ancora al buio di una cella, mi sento prossimo alla salvezza. Un tempo non riuscivo a leggere i messaggi che Gesù mi inviava, non riuscivo ad ascoltare la Sua voce; oggi è tutto più semplice, odo la Sua voce dovunque mi trovo. Da un po’ di tempo mi ha inviato i Suoi messaggeri e ha fatto tante cose per me, davvero cose meravigliose che un giorno, quando sarò fuori da qui, potrò testimoniare, come potrò testimoniare la voce di Cristo che stamane è scesa nell’inferno del carcere attraverso i canti di meravigliosi angeli, e attraverso le testimonianze stupende quanto drammatiche di Sharon ed Emanuel, a cui dico di cuore: “Grazie!”. Grazie di non essersi arresi e di aver portato forza, pace e speranza ad uno come me. Loro, insieme a tutti gli altri piccoli angeli, hanno dato una lezione di vita ad un grande peccatore come me. È vero che il Regno dei cieli è dei piccoli, e oggi grazie ai più piccoli sono diventato piccolo anche io. Grazie a tutti, un augurio di un anno di pace, amore e tanta fede.

Pregate per me e per tutti i perseguitati, per i bambini vittime di abusi e maltrattamenti, per i bambini in guerra che vengono usati ed uccisi; una preghiera anche per i sequestrati in mano ai terroristi.

Grazie! Con stima e profondo affetto,

Gennaro

Invia un commento