polycarp– Morte ai cristiani!
– Venga Policarpo!
– Vogliamo Policarpo!
– Morte a Policarpo!
Così gridava un giorno un’enorme folla raccolta nello stadio di Smirne subito dopo lo spettacolo in cui dodici cristiani erano stati tormentati orribilmente per il divertimento della folla. Era il febbraio dell’anno 155 dopo Cristo.
Policarpo, vescovo di Smirne, era l’uomo più rispettato fra tutte le chiese dell’Asia minore. Era stato discepolo di Giovanni, l’apostolo dell’amore.
– Morte a Policarpo!
– Vogliamo Policarpo!
– Christianos ad leones!
Continuava a risuonare per lo stadio il grido della folla ancora non sazia di sangue. Intanto un gruppo di fedeli era corso tutto affannato ad avvertire l’amato pastore che la gente reclamava la sua morte.
Policarpo non si mosse. Aveva imparato che il vivere era Cristo ed il morire era per lui un guadagno. La sua morte non avrebbe affatto significato la fine del compito a lui affidato. La fiaccola dell’Evangelo avrebbe comunque continuato a risplendere.
Un giorno Giustino aveva esclamato: “Siamo percossi con la spada, messi in croce, gettati alle belve, oppressi dalle catene; noi però non rinneghiamo la fede … Noi siamo come la vite che più viene tagliata e di più floridi e fruttiferi rami rinverdisce”.
Ma i fedeli amavano Policarpo, lo volevano salvo, fuori pericolo.
Fu quasi a forza che lo portarono fuori città, in un posto solitario, dove lo credevano al sicuro. S’ingannavano, però. Il suo servo era già stato arrestato e, messo alle torture, aveva svelato il nascondiglio.

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Era di venerdì, verso il tramonto.
Dei soldati a piedi e a cavallo, armati come se andassero a scovare un brigante, si misero in marcia. Policarpo era a letto quando giunsero.
Non appena gli fu detto che era giunto oramai il suo turno, egli esclamò:
– Sia fatta la volontà di Dio!
– Su, date da mangiare a tutta questa gente, ordinò poi ai suoi fedeli.
– Sono stanchi ed hanno bisogno di cibo, su… dategli da mangiare.
E mentre i soldati mangiavano e bevevano, lui pregava.

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Venne poi portato in città sopra un asino. Gli vennero incontro l’asiarca Erode e suo padre Niceta, che lo fecero salire sul loro carro. Strada facendo lo esortavano a rinnegare la sua fede.
– Ma che c’è di male poi a dire: Cesare è il signore?
– Basta che sacrifichi un po’ agli déi dei Romani, incalzava l’altro.
– Avrai salva la tua vita, approvava con sicurezza il primo. E Policarpo rispose:
– Voi non mi amate di certo per darmi questi consigli. Voi non conoscete affatto Policarpo!
A questa risposta i due lo insultarono e lo cacciarono con violenza dal carro. Nello scendere, Policarpo si ferì ad una gamba. Senza curarsi della ferita, si diresse intrepido verso lo stadio, dove mille voci tumultuavano:
– Vogliamo Policarpo!
– A morte Policarpo!
– Morte ai cristiani!
– Si uccidano tutti!
Ma in tutto questo vociare indemoniato, il pastore che andava ad abbracciare il suo martirio sentì una voce distinta sussurrargli all’orecchio:
– Sii forte, Policarpo, e combatti da prode.
Frattanto il tumulto del popolo divenne più infernale di prima.
Policarpo venne condotto davanti al proconsole.
– Maledici Cristo! – gli ordinò costui.
– E come potrei maledirlo! Sono ottantasei anni che Lo servo e non mi ha mai fatto alcun torto. Come vuoi dunque che maledica il Re che mi ha salvato?
– Io ho le fiere: ti getterò in pasto ad esse se tu non cedi—riprese il magistrato.
– Chiamale! È dolce passare dal male al bene!
– Ti getterò nel fuoco!
– Tu minacci un fuoco che arde un istante e poco dopo si estingue, perché ignori che agli empi è riservato il fuoco del giudizio futuro e della pena eterna.
Il proconsole fu stupito da queste parole.
* * *
L’araldo fu mandato in mezzo allo stadio a gridare: Policarpo si è dichiarato cristiano.
Per ben tre volte il grido percorse lo stadio. Poi si fece un silenzio quasi lugubre; quindi qua e là qualche voce supplicò l’asiarca Filippo che lanciasse contro il vecchio ostinato un leone.
– Ad leones! Ai leoni!
Ma il gioco delle fiere era terminato. Era impossibile fare ciò.
– Al rogo! Al rogo!
– Policarpo al rogo!
Tutti ad una sola voce allora gridarono. Gran parte della folla intanto già si occupava a raccogliere legna ed arbusti.
Preparato il rogo, lo si voleva inchiodare.
– Lasciatemi così—disse lui.—Colui che mi dà la forza di soffrire il rogo, mi farà restare sul rogo anche senza esservi inchiodato.
Lo si legò.
Così legato, Policarpo alzò gli occhi a Colui che vede tutto e pregò.
Non aveva finito di pronunciare l’amen che i carnefici diedero fuoco al rogo. Il suo martirio avvenne nell’anno 166.
Oggi, come ai tempi della Chiesa Primitiva, Cristo ha bisogno di cristiani che mostrino che nessun sacrificio, non eccettuata la morte, può far spegnere la fiaccola del Vangelo che Egli affidò loro per illuminare il mondo.
Seguaci di Cristo, noi siamo “la luce del mondo.. Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio.. Così risplenda la vostra luce” (Matteo 5:14-15).